Il diritto di famiglia ha subito negli ultimi anni un processo di trasformazione che ha alterato il concetto tradizionale di famiglia e di nucleo familiare, svincolandolo dalla sua forma “classica” e dall’istituto del matrimonio, con una evidente apertura verso forme di relazione ed affettive parallele.
Si tratta di un’evoluzione fortemente sentita nella società contemporanea e di cui si avvertiva la necessità già da qualche decennio, ma che ha avuto una gestazione – sociale oltre che politica – lunga e spesso conflittuale.
La formazione di quest’opera risente fortemente della spinta riformatrice messa in moto dal Legislatore, che negli ultimi 4/5 anni in maniera rapida se non addirittura concitata, ha sovrapposto riforme necessarie, per quanto troppo spesso tardive.
Ci si riferisce ad esempio alla Legge 10 dicembre 2012 n. 219 che ha avuto il principale scopo di eliminare qualsiasi forma di discriminazione tra figli legittimi e figli naturali, ossia nati fuori dal matrimonio; al Decreto Legislativo 28 dicembre 2013 n. 154, che, in forza della delega prevista dall’art. 2 della Legge 219/2012, ha introdotto rilevanti novità nel codice civile (in particolare nel Titolo IX del Libro I, dedicato alla responsabilità genitoriale e dei diritti e doveri del figlio) nell’ottica di eliminare ogni discriminazione residua nell’ordinamento fra figli nati nel e fuori dal matrimonio, garantendo così la completa eguaglianza giuridica, ed ha disciplinato strumenti di particolare interesse quali l’ascolto del minore di cui all’art. 336 bis c.c.; ed ancora al Decreto Legge 12 settembre 2014 n. 132, convertito con Legge 10 novembre 2014 n. 162, con particolare riferimento all’art. 6 che ha reso applicabile la negoziazione assistita alla separazione personale, al divorzio o alla modifica delle condizioni di separazione o di divorzio, ed all’art. 12 che, nelle suddette ipotesi, ha introdotto una procedura semplificata, di carattere amministrativo e senza la necessaria assistenza di un avvocato, che si svolge dinnanzi al Sindaco del comune di residenza di uno dei richiedenti o del comune nel quale è registrato o trascritto l’atto di matrimonio; da ultimo alla Legge 20 maggio 2016 n. 76 che regolamenta le unioni civili e le convivenze di fatto.
Purtroppo gli interventi normativi si sono sovrapposti in modo spesso poco organico e coordinato, rendendo ardua l’interpretazione e l’applicazione delle norme.